Minibasket e COVID19, come ripartire?
Di Linda Moranzoni, Psicologa dello Sport
Che effetto ha e ha avuto la pandemia sui piccoli atleti? Quali emozioni sperimentano i bambini durante questo evento? La quarantena è un evento stressante anche per i bambini? Come dovremo comportarci in qualità di istruttori quando potremo rivedere i nostri bimbi in palestra?
Ho risposto a queste domande in questo articolo pubblicato per la prima volta su Minibasketinfo. (https://www.minibasket.info/).
Da fine febbraio i nostri campi sono vuoti, non ci sono i bambini a riempire le palestre, a giocare a minibasket e a fare sport.
Ad oggi ci sono ancora innumerevoli punti di domanda sul momento della ripartenza: quando ripartiremo? Come dovremo comportarci alla ripartenza? Ma soprattutto: come potremo supportare i bambini?
È importante tenere presente che non sono solo gli adulti a soffrire del momento che stiamo vivendo: i bambini non sono immuni agli eventi stressanti, anzi, possono sperimentare preoccupazione e diventare ansiosi.
La pandemia di COVID19, che può essere sicuramente definita come un evento stressante, ha un peso rilevante sul benessere psicologico anche per i bambini. Questo aspetto è stato sottolineato anche dal British Medical Journal (https://www.bmj.com/content/369/bmj.m1669.short?rss=1&ref=drnweb.repubblica.scroll-1) ed è in corso di verifica anche tramite uno studio dell’Università di Perugia volto a indagare gli effetti del distanziamento sociale dovuto alle misure restrittive su bambini e adolescenti.
Pensiamo a quanto le restrizioni adottate per il contenimento del contagio abbiano portato ad un’alterazione della quotidianità dei bambini. Le giornate dei piccoli, infatti, sono state completamente stravolte dall’oggi al domani: le scuole sono state chiuse, lo sport ha dovuto prendersi una pausa e non si sa quando questa finirà.
Un ruolo fondamentale, in questo momento, è indiscutibilmente quello dei genitori. È importante che osservino eventuali cambiamenti nello stato emotivo dei bimbi, nel loro umore (tristezza, nervosismo ecc.), ma anche nel ritmo sonno-veglia, nel rapporto del bambino con il cibo, nella sua capacità di concentrazione nelle lezioni e nel gioco. Eventuali variazioni comportamentali corrispondono alle modalità con cui i bambini affrontano il cambiamento. Generalmente si tratta di reazioni di breve durata, ma possono persistere volvendosi in disturbi psicologici.
Un aspetto centrale che tocca sia i genitori, sia gli istruttori dei nostri minicestisti, è il fatto che gli adulti più vicini ai bambini ne influenzano le reazioni. I bambini vivono in un sistema complesso costituito da interazioni, relazioni, attribuzioni di significati: tali aspetti sono influenzati in primis dai genitori e dalla famiglia, e dopo dalle altre agenzie educative che hanno il ruolo di costruire benessere, ossia la scuola e lo sport.
Dopo queste considerazioni, che devono essere la nostra bussola alla ripresa, per comprendere come i bambini e le famiglie stiano passando questo momento, proviamo a individuare delle strategie comportamentali da utilizzare nel momento in cui ci ritroveremo in palestra con i piccoli grandi giocatori del domani.
Stiamo parlando di minibasket, quindi di bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni. In questa fascia d’età i bambini sono in grado di esprimere pensieri e sentimenti, ma hanno comunque bisogno del confronto con gli adulti significativi per superare un evento traumatico e stressante come il periodo della quarantena che li ha tenuti forzosamente lontani dalla loro normalità.
Le reazioni che potremo osservare nei bimbi sono diverse: ansia, aggressività, variazioni nel sonno o nell’appetito (che possono tramutarsi in un vero e proprio disturbo), paura, negazione dell’evento, somatizzazione (es. mal di pancia), domande ripetute, isolamento, calo della concentrazione e della memoria. E importante accompagnarli nel superamento dell’evento con dei piccoli accorgimenti:
Preservare la normalità
È importante ricostruire con i bambini la routine e mantenerla nel limite del possibile in modo tale che ci sia un consolidamento delle abitudini funzionali. Ciò darà ai bambini un maggior senso di controllo.
Mantenere un atteggiamento positivo
Questo non significherà semplicemente ripetere “Andra tutto bene!” ma spiegare loro con parole semplici la difficoltà del momento, ponendo l’accento sul fatto che con l’impegno e il contributo di tutti, anche dei bambini, vedremo un miglioramento.
Ovviamente è necessario che l’istruttore, in quanto punto di riferimento, sia il primo esempio positivo
Dedicare loro del tempo per parlare
Rendiamoci disponibili a parlare e ad ascoltare i bimbi nel momento in cui ci mostrano la loro tristezza e i loro dubbi. È fondamentale rispondere alle loro domande in modo chiaro e onesto, con semplicità. Chiediamo una loro opinione quando ci raccontano qualcosa e accogliamo le loro domande: il bambino magari ce le pone perché è turbato da un aspetto particolare, quindi è alla ricerca di una risposta rassicurante. Potrà capitarci di non avere una risposta alle loro domande. In tal caso, sarà importante essere sinceri e ammettere di non saper rispondere senza fare supposizioni.
Chiedere loro come si sentono
Possiamo domandare ai bambini come si sentono, partendo dal condividere il modo in cui noi ci sentiamo. In questo modo aiutiamo i bambini a comprendere che anche noi istruttori abbiamo sperimentato le loro stesse preoccupazioni e che non sono soli.
È necessario utilizzare questa strategia con misura: fornire troppi dettagli sui nostri pensieri e preoccupazioni può crearne di nuovi per i bambini e alimentare il loro turbamento.
Tenerli impegnati
Ricordiamoci sempre che i bambini vengono in palestra per giocare a minibasket, per divertirsi, per stare in movimento con i loro amici. Arriveranno in palestra dopo un lungo periodo di stallo e avranno il grande desiderio di riprendere essendo protagonisti.
Incoraggiamoli a dare una mano, magari facciamoli intervenire nella scelta di qualche gioco, soprattutto nei primi allenamenti.
Oltre ad occuparli, daremo loro un ruolo attivo che aumenterà la loro motivazione a tornare in palestra.
Mi piace pensare al momento che stiamo vivendo come a un infortunio, che per un atleta equivale a un piccolo lutto. Siamo passati da un primo stadio di negazione o rifiuto, poi siamo passati alla rabbia e a chiederci perché tutto questo stava capitando proprio a noi, poi abbiamo iniziato a prendere coscienza che nulla sarà come prima, e abbiamo iniziato a cercare spiegazioni e scenari alternativi. L’ultimo stadio, in cui raggiungeremo l’accettazione del cambiamento, è quello in cui ci si mette l’animo in pace e si accetta ciò che non è possibile controllare arrivando così a vivere la situazione contingente in modo costruttivo, creando anche nuove risorse, iniziando a pianificare i nostri obiettivi per il futuro, costruendo nuove competenze che ci torneranno poi utili quando torneremo in campo.

Linda Moranzoni è Psicologa, specializzata in Psicologia dello Sport.
Attualmente collabora con Psicosport® in qualità di mental trainer, e si occupa di promozione del benessere e prevenzione del disagio giovanile.